In Dio il tempo ritrova un senso (“Nostro Tempo” 15 gennaio 2023)

Per quanto possa a ragione essere considerata meramente convenzionale o, almeno a tratti, persino triviale, la celebrazione del capodanno civile segna comunque una cesura nel continuum temporale della nostra esperienza invitandoci a riflettere sul fatto – non proprio irrilevante – che l’anno vecchio è trascorso, mentre quello nuovo ci attende con le sue promesse e le sue sfide. Non è certo il caso d’indugiare sui ricordi del liceo, eppure tra le riflessioni di questi primi giorni dell’anno s’affaccia fulmineo e lacerante l’eco del Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere, in cui il pensoso poeta mette brevemente in scena l’intreccio – occasionato dall’offerta d’un lunario per l’anno a venire – tra la delusa considerazione della vita com’è trascorsa e la testarda speranza per cui si continua a considerar bella e felice la vita futura, che non conosciamo e in cui speriamo. Senza cedere al disincanto del Leopardi, quanto all’inesorabile rivincita del caso sull’inguaribile attesa di una provvidenziale vita a venire, tenderei piuttosto a dar credito al Venditore, il quale – incalzato dallo scetticismo desolato del Passeggere: «Oh che vita vorreste voi dunque?» – risponde con semplicità disarmante: «Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti». L’accondiscendenza benevola con cui il Passeggere congeda il Venditore d’almanacchi lascia nel lettore una traccia di umana pietà per quell’arrendevole speranza nel divino, dolorosamente decostruita dalle stesse considerazioni del passante al cui confronto quel “vorrei” pare né più, né meno che una pia illusione. Se la maestria del Leopardi sta non da ultimo nella capacità di provocare questo ed altri effetti nel lettore, la letteratura lascia nondimeno la libertà di variare per via d’immaginazione l’interpretazione data dall’autore alla sua stessa creazione.

Volendo quindi dar credito al Venditore si potrebbe innanzitutto mettere a fuoco un elemento tutt’altro che banale: la speranza che quest’uomo semplice nutre nei confronti dell’anno nuovo si radica non nelle proprie forze, né nel gioco casuale degli eventi, ma in Dio che “manda” una vita tale da non poterne desiderare alcun’altra. A prendere l’espressione del Venditore sul serio, assumendone cioè il punto di vista senza lasciarsi surrettiziamente persuadere da quello del Passeggere (o dell’autore stesso!), si resta stupiti dall’intensità d’intelligenza e di fede che quella risposta lascia trasparire. A differenza del Passeggere, infatti il Venditore sembra aver ben chiaro che non vi può essere risposta alla domanda su di sé che trascuri il fatto che la vita che viviamo o che desideriamo non proviene da noi stessi. Scavando un poco più a fondo, si potrebbe sostenere che quel semplice commerciante ha ben chiaro che la sua stessa vita gli è ”mandata”, ossia che egli – come ciascuno di noi – è dato/donato a se stesso. È quindi l’umile consapevolezza di non essere la fonte del proprio stesso esserci, dell’essere piuttosto e in primo luogo recettore dell’esistenza e della vita a giustificare l’appello a Dio come “mandante” di quella stessa vita e quindi come datore/donatore di quel che il Venditore d’almanacchi semplicemente “è”.

Questa consapevolezza può essere chiamata “fede”, intendendo qui con Romano Guardini quell’atto in forza del quale «comprendo la mia finitezza prendendo le mosse dall’istanza suprema, dalla volontà di Dio» (Accettare se stessi, Morcelliana, Brescia 20226, p. 19). Per quanto non voglia vivere come ha vissuto in passato, il Venditore non smette di guardare alla vita come possibilità di felicità perché desidera continuare a ricevere la vita da Dio nell’accettazione di sé, senza cedere alla disperazione, ma perseverando nell’attesa. Dar credito al Venditore di almanacchi vuole dire allora riconoscerne la profonda religiosità, nel senso in cui l’interpreta ancora una volta Guardini come disposizione a «ricevere continuamente noi stessi da questa volontà di Dio», in cui si può scorgere «l’alpha e l’omega di tutta la sapienza, il rifiuto della hybris, la fedeltà alla realtà, l’onestà e la risolutezza dell’esser se stessi e con ciò la radice del carattere. È la fortezza, che si presenta all’esistenza e appunto in ciò si rallegra di quest’esistenza» (Ivi, p 21). A leggere il dialogo con l’intelligenza della fede, al di là della più che probabile intenzione dell’autore, quel “vorrei” assume allora  un tenore ben più consistente della presunta pia illusione. Rivela invece la semplice profondità del “cristiano comune” il quale, reso Figlio per grazia, non desidera che accettare la vita dal Padre come un dono. Accettazione di sé e fiducia nella concreta possibilità di realizzazione a venire trovano così una sorta di punto di equilibrio nel sapersi confermati nell’essere, per così dire, dall’Alt(r)o.

Solo nella relazione con Dio, dal quale proveniamo e al quale andiamo, è infatti possibile trovare chi siamo, evitando quell’altra dilaniante circolarità costituita dall’orgogliosa presunzione del sedicente “proprietario-di-sé” che prima o poi si rovescia nella disperata delusione di chi si ritrova disperso negli interminabili rispecchiamenti di un vuoto faccia a faccia con se stesso. In un senso molto diverso dall’imperativo all’autorealizzazione che tormenta i concitati giorni dell’uomo tardomoderno costretto a farsi “imprenditore-di-se-stesso”, in un delirio di vacua autoreferenzialità, il Venditore d’almanacchi si fa umile testimone di una sapienza antica e sempre nuova che pur ci invita – paradossalmente, per grazia – a “divenire chi siamo”. Si tratta, guarda caso, del segreto rivelato per Uno a vantaggio di tutti e che risuona nella Festa del Battesimo del Signore: «Ed ecco una voce dal cielo che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”» (Mt 3,17).

Pubblicità

4 pensieri riguardo “In Dio il tempo ritrova un senso (“Nostro Tempo” 15 gennaio 2023)”

  1. Eccomi!
    Posso dire ottima interpretazione anagogica? E aggiungerei che in questo senso è l’equivalente del: “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”.
    Con un argomento….a simultaneo:
    Se non si muove foglia che Dio non voglia, e il volere di Dio è che io sia contento di ciò che c’è così com’è, allora la mia preghiera è: “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”.
    E per concludere con il grande san Bernardo: “homo vult quod Deus vult eum velle”; questa è la santità
    P.s. perdona uno dei miei innumerevoli difetti: come sai, io Guardini non lo “guardo” di buon occhio. Preferisco san Bernardo 😉
    P. Giuseppe

    Piace a 1 persona

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: