Cattolici alle urne. Quale identità? (“Nostro Tempo” 11 settembre 2022)

Ambrogio Lorenzetti “Allegoria del Buon Governo” (1338-1339 – Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena)

Tra due settimane gli italiani saranno chiamati a votare per rinnovare i componenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in una congiuntura che da più parti viene descritta come la più ardua e complessa dalla fine del secondo conflitto mondiale. Nella dichiarazione rilasciata all’indomani delle dimissioni di Mario Draghi, il card. Matteo Zuppi ha auspicato che l’intensa crisi in atto – caratterizzata dall’aumento dell’inflazione e delle disuguaglianze, dall’elefantiasi del debito pubblico, dal ritorno del confronto tra blocchi, dall’emergenza climatica ed ambientale e dalla precarizzazione diffusa del lavoro – sia comunque interpretata come «una grande opportunità per ritrovare quello che unisce, per rafforzare il senso di una comunità di destino e la passione per rendere il nostro Paese e il mondo migliori».

Le indicazioni del Presidente della CEI sono sobrie e, almeno in linea di principio, condivisibili da (quasi) tutti. In sintesi: poiché la politica è «servizio del bene comune», occorre ispirarsi a «quello che Papa Francesco chiama amore politico» (cfr. Fratelli tutti), per onorare il dovere di «ricostruire il senso di comunità». Quest’invito alla riedificazione del “noi” procede anzitutto dall’attenzione per gli ultimi e per le prossime generazioni, nell’ottica di una “sostenibilità” umana, sociale ed ecologica che guardi al lungo periodo. Tutto giusto; ma chi dovrebbe realizzarla? A monte e a valle della vasta cassa di risonanza offerta dal Meeting di Rimini, il Corriere della Sera ha ospitato due riflessioni degne d’attenzione sull’irrilevanza della “cattolicità” per la campagna elettorale. Al di là dei teoremi giornalistici sull’ordine informale, ma inderogabile, che papa Francesco avrebbe fatto pervenire alla Chiesa italiana affinché questa rimanesse neutrale rispetto ai partiti, pur continuando ad esprimersi chiaramente sui valori (cfr. Claudio Tito su Repubblica del 21 agosto), la questione cattolica resta aperta e in attesa di venir adeguatamente decifrata.

Dopo aver ricordato il fondamentale ruolo della DC nella prima Repubblica, Andrea Riccardi (Corriere della Sera, 17 agosto) ha sottolineato come l’eclissi della questione cattolica sia iniziata già nel 1994 con la dissoluzione della “balena bianca”. Sostenuta in qualche modo dall’allora Presidente della CEI, card. Camillo Ruini, soprattutto attraverso le risorse del “progetto culturale” fino al 2007, la rilevanza politica dei “cattolici” è andata poi progressivamente sgretolandosi. Concentrati quasi esclusivamente sulle questioni ecclesiastiche, secondo Riccardi i vescovi si esprimono raramente sui temi centrali della politica, mentre va estendendosi la mancanza di un laicato atto a rilanciare il movimento politico cattolico. Si tratta allora di pensare seriamente a come dar voce e quindi rappresentanza politica alla «più grande rete sociale del paese» che, se considerata nelle sue differenti espressioni, rimane la Chiesa cattolica. Al pezzo del fondatore della Comunità di Sant’Egidio ha fatto eco Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera, 28 agosto), il quale ritiene che l’irrilevanza in oggetto è determinata alla radice dall’eccessiva fluidità dell’identità cattolica, che risulta così «priva di connotati precisi, indefinibile, e quindi incapace di porsi come una vera protagonista del dibattito». In campo politico ed anche teologico-religioso, il termine “cattolico” esprimerebbe oggi «molte cose molto diverse tra di loro». Incapace di rispondere adeguatamente alla secolarizzazione, l’identità cattolica si sarebbe frantumata in un pulviscolo di identità al punto che ogni fedele o gruppo di fedeli – al di là del comune riferimento alla “figura del sacerdote” – si costruirebbe un’identità ad libitum da giocare come meglio crede. Galli della Loggia elargisce quindi due indicazioni: rinunciare ad ogni ispirazione o tutela da parte della Santa Sede o della Chiesa italiana e accettare di essere solo una parte, di destra o di sinistra.

Ambrogio Lorenzetti “Effetti del Buon Governo in città” (1338-1340 – Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena)

Sinceramente non vedo come questi consigli, tanto utili quanto non richiesti, possano aiutare i “cattolici” ad essere politicamente rilevanti. Concordo però sull’analisi, più sociologica che teologica, riguardante la polverizzazione dell’identità cattolica. Più che considerarla un effetto della secolarizzazione, tendo a leggerla come una deriva del concomitante individualismo possessivo proprio delle società (neo-)liberali.

Prima di porsi il problema della rilevanza, occorre ricostruire l’unità di pensiero e di azione del mondo cattolico attraverso un dialogo franco e pubblico, esercitando quel «“relativismo” cristiano» che – secondo lo stesso cardinal Zuppi – consiste nel «relativizzare l’io a Dio e al noi. Solo così l’io ritrova se stesso» (Il Sussidiario, 21 agosto). Sarà allora l’esperienza della comunione ecclesiale a liberare i “cattolici” dal virus dell’individualismo, il quale ha portato non pochi a disperdersi rendendo forse irriflessivamente culto – come esige ogni giorno il “mercato” – alle proprie “preferenze”, a scapito di quell’unità nel rispetto delle differenze che è espressione propria di agápē/caritas. Guarendo dal riflesso condizionato della “sovranità del consumatore (anche religioso)” e ricostituendo la coscienza di far parte del tessuto interpersonale e sociale cattolico – non senza l’accompagnamento spirituale dei pastori – potrà sorgere un nuovo e plurale impegno politico. Libero dall’illusione del “partito cattolico”, ma cristianamente ispirato.

È pur sempre contemplando nel mistero «la città dalle salde fondamenta» (cfr. Eb 11,10), la «Gerusalemme che scende dal cielo» (cfr. Ap 21,10), che i “cattolici” – al di là della collocazione partitica e con buona pace di Galli della Loggia – sono chiamati a pensare e ad agire per edificare laicamente la polis terrena a vantaggio di tutti.

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